2024: democrazia alla prova

Democracy index

Un buon punto da cui partire per analizzare la questione è Il Democracy Index calcolato dal settimanale The Economist, che esamina lo stato della democrazia in 167 paesi del mondo. Secondo questo report esistono ad oggi 24 democrazie classificabili come complete e 48 definibili come imperfette, mentre circa 36 paesi vivono in regimi ibridi e circa 59 in condizioni di governo caratterizzabili come autoritarie. Da questo calderone di numeri, schemi e grafici a torta traiamo due insegnamenti fondamentali.

l’indice varia da 0 (meno democratico) a 10 (pienamente democratico)

Il primo è che non tutte le democrazie sono uguali. I regimi democratici si differenziano tra loro sulla base di criteri quali la libertà e l’equità delle elezioni, l’indipendenza da influenze straniere, la libertà di stampa e di opinione fino ad arrivare allo stato delle carceri e al rispetto dei diritti umani. I dati del report in questo senso non risultano particolarmente confortanti: nel 2024, infatti, solo l’8% della popolazione mondiale può dire di vivere in una democrazia pienamente funzionante. Mentre quasi tre miliardi di persone vivono sotto la guida di regimi autoritari o dittatoriali.

La seconda lezione da tenere a mente è che non tutte le elezioni sono democratiche.  Molto spesso, infatti, la corsa alle urne, se non supportata da adeguate istituzioni politiche sociali ed economiche, può tramutarsi, da straordinario strumento di auto determinazione, in ulteriore veicolo di oppressione delle maggioranze sui più deboli. Lo vediamo succedere nella Russia di Vladimir Putin o nell’Afghanistan dei talebani: le libertà non sono conquiste imperiture ma vanno difese e coltivate. Il voto, più in generale, non è un traguardo ultimo ma un prezioso punto di partenza.

È in questa cornice che si inserisce il report dell’Economist Intelligence Unit 2023, secondo cui le tendenze degli ultimi dieci anni suggeriscono un

“significativo avanzamento delle forze autoritarie nei paesi meno sviluppati” e un “generale spostamento verso destra del political compass europeo e statunitense”

fattori che rischiano, a detta di analisti ed esperti, di compromettere fortemente l’equilibrio di un ecosistema fragile e prezioso come quello democratico. ( https://youtu.be/qUVZ4HpXiJg )

L’anno che verrà

Il 2024 in questo senso sarà, dunque, un anno cruciale. Si capirà se davvero le forze moderate saranno in grado di reggere l’urto dei nuovi populismi di estrema destra alle elezioni europee e come questo influenzerà la guerra in Ucraina. Si passerà per la Russia, dove si dovranno fare i conti con il nuovo mandato antidemocratico di Vladimir Putin.  Fino ad arrivare agli Stati uniti dove a novembre il pluri-incriminato candidato repubblicano Donald Trump e lo stanco e impopolare presidente democratico Joe Biden si sfideranno in un elezione presidenziale senza precedenti per polarizzazione e interessi in gioco.

Nel 2024 ci saranno poi anche le elezioni In India, la democrazia più popolosa del mondo, dove il popolarissimo presidente Modi del Bjp, spinge per la costruzione di un paese sempre più induista e nazionalista, sfidando una costituzione basata sulla pacifica coesistenza di un mosaico variegato di minoranze. Mentre dall’altra parte del globo, in Sudafrica, cresce la tensione per le presidenziali di aprile che potrebbero segnare la fine del dominio assoluto dell’African National Congress (Anc), il partito di Mandela, in uno scenario come quello africano, sempre più segnato da disillusione e violenza.

Infine, in Sud America si terranno ben 8 elezioni generali. Dopo la stravagante vittoria del populismo ultra-capitalista di Milei in Argentina, si voterà anche in Messico, con una inedita sfida tra due donne per la carica di presidente e la scure dell’immigrazione clandestina che incombe sulle elezioni di aprile.

Nuove sfide e vecchie malattie

Insomma, nel 2024 i processi elettorali democratici dovranno provare di avere ancora gli anticorpi necessari per sopravvivere a vecchie malattie che sembravano ormai debellate, come autoritarismi e militarismi, ma anche svilupparne di nuovi per far fronte ad incombenti pericoli come la disinformazione, la rottura dello storico bipolarismo novecentesco tra Russia e Stati Uniti e l’ascesa dell’intelligenza artificiale. Tanto è in gioco e nulla è scritto ma sicuramente le elezioni di quest’anno ci restituiranno una cartina al tornasole molto più dettagliata riguardo lo stato di salute dei regimi democratici in giro per il mondo.

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