ANARCHIA VOL.2: LA LEADERSHIP

Fa molto ridere (a me) la crescita esponenziale in tutto il mondo di corsi e master universitari
dedicati alla leadership. Siamo una generazione abituata all’artificiale, non riusciamo a
renderci conto che i leader non hanno bisogno di addestramento o nomine ufficiali, bensì
emergono spontaneamente quando la situazione lo richiede.

Dei ricercatori del
Peckham Center, studiandone i membri, hanno constato come uno di loro diventi
automaticamente un leader, senza essere riconosciuto come tale, per sopperire ai bisogni di
un determinato momento. Questi capi appaiono e scompaiono a seconda delle necessità
che si presentano. Non essendo consapevolmente eletti, una volta realizzati gli obiettivi
previsti non sono consapevolmente destituiti. Ciascuno di noi può rendersi conto di tale
fenomeno osservando le dinamiche che avvengono in un gruppo che si è posto un obiettivo
specifico: la costruzione di una staccionata, la realizzazione di un filmato, un progetto
scolastico, una raccolta fondi ecc ecc.
Per riassumere con le parole di Bakunin: “Ricevo e do… questa è la vita umana. Ognuno
dirige ed è a sua volta diretto. Quindi non c’è un’autorità fissa e costante, ma un continuo
scambio di mutua, temporanea e, soprattutto, volontaria autorità e subordinazione.” Per
quanto ciò non solo sembri ragionevole, ma come io sostengo, sia la naturale forma di
organizzazione umana, dappertutto vige il concetto opposto ovvero quello della leadership
gerarchica, autoritaria, privilegiata e permanente.

Ci sono pochi studi comparati sugli effetti
di questi due modi di intendere l’organizzazione del lavoro. Un esempio ci è fornito dal
mondo dell’architettura, attraverso uno studio del Royal Institute of British Architects sui
metodi organizzativi di ciascuno studio. Furono identificati due modi opposti di avvicinarsi al
lavoro. Uno era caratterizzato dalla procedura che inizia con la creazione del progetto
dell’edificio, qui segue l’adattamento dei bisogni del cliente. L’altra iniziava con lo sforzo di
capire perfettamente le necessità di chi avrebbe usato l’edificio per poi adattare il progetto
una volta chiarite tali necessità. Il primo approccio è quello più riscontrato all’interno di
un’organizzazione del lavoro d’ufficio centralizzata e gerarchica. L’altra filosofia caratterizza
gli studi dove il turn-over fra i dipendenti è bassissimo, gran parte del lavoro creativo è
delegato agli assistenti e, nonostante la creazione del progetto porti più tempo, il cliente
riceve il suo edificio in tempi più brevi e ad un prezzo ridotto.


L’organizzazione del lavoro deve essere come in una compagnia di teatro popolare e non
come una compagnia formata da divi e comparse. Il leader del gruppo può spesso essere
più giovane degli altri membri del gruppo stesso. Il maggior peso va attribuito all’idea
migliore e non alla persona più anziana. Ancora dal mondo dell’architettura, Walter Gropius
è stato un fautore di quella che chiamava la tecnica delle aperte “collaborazione tra gli
uomini, che libererebbero gli istinti creativi dell’individuo invece di soffocarli. L’essenza di
questa tecnica consisterebbe nell’ accentuare la libertà di iniziativa individuale rispetto alla
direzione autoritaria di un capo, sincronizzando gli sforzi individuali in un continuo dare
avere tra i membri del gruppo”.
Il vero principio che unisce gli uomini in un’organizzazione non sono le elezioni, le
segreterie, le direttive, i presidenti o i vicepresidenti. Tali figure marciscono insieme alle
istituzioni che rappresentano non appena la situazione sociale che le ha poste al potere
muta. Ciò che tiene insieme gli uomini è il lavoro, le mutue interdipendenze in questo lavoro,
il nostro effettivo interesse in un gigantesco problema con le sue mille ramificazioni. Un lavoro esemplare si dà spontaneamente i suoi modi di funzionamento e le sue forme di
organizzazione, anche se con un processo graduale, attraverso tentativi che non escludono
errori.

Al contrario, le organizzazioni politiche con le loro “campagne elettorali” e le loro
“piattaforme”, procedono senza alcuna connessione con i compiti e i problemi della vita
quotidiana.
L’incredibile inefficienza di ogni organismo gerarchico, sia esso una fabbrica, un edificio,
un’università, un negozio o un ospedale, risulta da due caratteristiche pressoché costanti. La
prima consiste nel fatto che la conoscenza e la saggezza delle persone alla base della
piramide non hanno alcuno spazio nelle decisioni prese dalla leadership al vertice della
gerarchia. Eppure, spesso succede che siano loro a far funzionare l’istituzione nonostante gli
organismi dirigenti. Il secondo motivo che determina l’inefficienza di queste istituzioni
gerarchiche è il fatto che il lavoro è imposto ai singoli dalla necessità economica, e non si
basa su quella identificazione in un compito comune che sola può fare affiorare una
leadership più funzionale e mutevole.
Se la gente percorre il suo cammino dall’utero alla tomba senza mai riconoscere ed
esprimere le proprie potenzialità umane, questo avviene perché la possibilità di partecipare
alle innovazioni, alle scelte, alle decisioni e ai giudizi è monopolio esclusivo di chi sta in alto.


Non è casuale che gli esempi di leadership non rigida e funzionale vengono da attività
creative e mentali come l’architettura o la ricerca scientifica.
“La creatività è monopolio di pochi eletti, noi siamo costretti a vivere in ambienti costruiti da
questi pochi eletti, siamo costretti ad ascoltare la loro musica, servirci delle loro invenzioni, a
leggere loro poesie e le loro commedie. Questo è quanto ci fa credere accettare
l’educazione che c’è stata impartita ma è solo una menzogna di tipo ideologico che si
tramanda nella nostra cultura”. Il sistema fabbrica i suoi inetti da disprezzare e paga
bene i pochi geni per la loro rarità.

Una risposta

  1. Il distacco dei vertici dalla realtà quotidiana: il fallimento della politica e dei suoi rappresentanti “eletti” dal popolo. Una fotografia attuale di quanto sta accadendo.

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