Con tutta la dolcezza che mi porto addosso

Sulla sensibilità

Mi hanno sempre considerata materna, fin da piccola, e io stessa sono affascinata dalla mente elastica e così plasmabile dei bambini. Dalla loro propensione alla meraviglia, dalla loro leggerezza, da quelle promesse di vita troppo piccole per essere tanto incattivite dagli eventi. E credo che mi piacerebbe un giorno poter dire di avere un figlio o una figlia, non per motivi egoistici, per dire semplicemente “questo/a è mio/a”, ma per poter mostrare e insegnare qualcosa, per accompagnare durante tante esperienze e tappe necessarie e obbligatorie. Mi piacerebbe sapere che le mie idee, insegnamenti, possano essere un po’ più infiniti di un tempo finito.

E a me piacciono i nomi di famiglia, non per tradizioni o altro, mi piace semplicemente l’idea che una briciola, una scintilla di quella persona di cui si porta il nome addosso, possa manifestarsi in qualche carattere particolare, facendo rivivere l’altra persona ancora per un po’.

“Mi sono resa conto che più che augurarti di essere felice, ti auguro di sentirti realizzato o realizzata.

Perché potrei anche raccontarti di come funziona quella cosa che noi chiamiamo felicità, che non è nient’altro che una questione ormonale, di serotonina, dopamina, endorfine e di ossitocina, che sono dati da situazioni diverse, ma il cui funzionamento conosco bene; che si può razionalizzare tutto, ma che poi quello stato finisce.

Ma realizzarsi è un’altra cosa.

È lavorare così tanto per qualcosa e raggiungerla, in tanti ambiti della vita, in un grande lasso di tempo. È essere predisposti a navigare in un mare in tempesta pur ricordandosi la rotta, è arrivarci dopo sacrifici.

Ma più di tutto ti auguro di essere sensibile.

Sì, l’ho detto.

E anche io sono sensibile, anzi, sensibilissima.

Ed è un’arma a doppio taglio.

È forse la mia più grande pecca: non riesco a non portarmi appresso il peso del mio mondo, ma è anche una grande ricchezza, un’ancora di salvezza da un mondo effimero.

E quando mi sono resa conto di “sentire” di più rispetto agli altri, l’ho trovato inizialmente un terribile difetto.

Purtroppo un tempo mi sono rinchiusa nel mio guscio, come una tartaruga, con la speranza di non provare tanto, ma questo non ha fatto nient’altro che peggiorare il mio sentire così tanto.

E quella paura così grande, ora potrei paragonarla alla sensazione di perdermi in un luogo familiare che potrei percorrere ad occhi chiusi. Non aveva alcun senso.

E dopo quella ingiusta reclusione, ho deciso di considerare quella mia caratteristica come il mio più grande pregio.

Un tempo desideravo trovare una ragione, un motivo di quel dolore occasionale, per cui quando in particolare ascolto l’adagietto della quinta di Mahler o il tema malinconico del corno inglese durante il “largo”, il secondo movimento della nona sinfonia di Dvorak, “dal nuovo mondo” o la pavane di Ravel o le ballate di Chopin mi commuovo un po’ di più del solito.

O se guardo i quadri strazianti di Frida o la tristezza incompresa che emerge dei quadri di Van Gogh mi sento stringere il cuore.

Un motivo per cui una volta ho pianto disperatamente alla fine di Notre-Dame de Paris, a quel maledetto ultimo capitolo, o perché “a se stesso” di Leopardi mi ha toccato il cuore…

Perché bojack horseman è diventata la mia serie preferita, con quel suo umorismo misto a pensieri profondi, con quella leggerezza nel parlare di argomenti pesanti.

Perché la frase del cantante che più di tutti è riuscito a toccarmi il cuore, Lucio Dalla, in Henna, canzone contro la guerra, che parla di una città utopica, dell’amore tra gli uomini, che più che essere una canzone è una preghiera laica di un uomo che chiede alla gente di smettere di continuare con la guerra, “io credo che il dolore, è il dolore che ci cambierà” mi fa sempre riflettere.

O quando ho letto storie di persone che si sono sacrificate in nome di qualcosa, da Patch Addams che ha inventato la clownterapia, che pian piano è diventato per me una guida spirituale, e quando ho avuto un assaggio di ciò che significa davvero, mi sono sentita più vicina a lui.

O quando ho letto “pappagalli verdi” di Gino Strada, in cui la persona che sono, il futuro medico interessato ai casi clinici e all’aiutare gli altri nel modo più organico possibile, e la mia presente persona, che studia per diventarlo e che è schifata dagli orrori della guerra si sono fuse provando tristezza per ciò che ha visto ma al contempo ammirazione per una persona che pur avendo un lavoro stabile, ha lasciato tutto andando ad aiutare qualcuno più bisognoso di cure in nome di un valore.

Quando ascolto qualcuno che ha sofferto di qualcosa e che si prodiga per non far soffrire gli altri come ha sofferto lui, mi rendo conto che sono un po’ dei piccoli grandi eroi.

Quando ascolto una storia di una persona che ha superato un momento difficile leggo negli occhi una luce nuova, bellissima, di chi ha sofferto ma è andata avanti, in cui ci vedo un po’ di vita in più. E succede che mi sento più vicina, anche se non posso capire completamente quella sofferenza mi sento partecipe di quella rinascita, di quella bellezza collaterale che hanno tutte le persone che superano un dolore grande, affrontandolo di petto.

Ma le grandi domande come quella che mi ponevo a volte non hanno risposte di uguale grandezza, alcune cose capitano e basta, e va bene così.

Allora Alessandro, se sarai tu il mio figlio sensibile, so che sarà tutto un po’ più difficile per te. Perché per la società l’uomo virile non ha emozioni, deve essere forte sempre, non si può lasciar andare. Ricordati che più che “uomini” è meglio essere “umani” e che si è umani solo con gli altri. Non nasconderti dietro una corazza di “normalità” evitando di mostrare le tue fragilità.

E invece Anna, se sarai mia figlia, so che verranno fraintese tutte quelle piccole attenzioni che riserverai a tutti quelli che avranno il privilegio di abitare nel tuo cuore. Ragiona con la tua testa e non farti dire come dovrebbe essere o cosa dovrebbe fare una donna.

In breve non fatevi dire come dovete essere. Ad esempio, io ho una sensibilità e caratteristiche che mi permettono di essere una donna di scienza ma amare l’arte in tutte le sue forme, e chi mi conosce lo sa che in alcuni momenti sono molto analitica ma in altri sono anche molto emotiva e sentimentale, che scherzo spesso ma sono capace di fare riflessioni profonde, non sono assolutamente religiosa ma estremamente spirituale, sono fin troppo solitaria e introversa ma ho una grande passione per l’umanità e a volte sono estremamente socievole e va bene così. Chi mi conosce lo sa che sono così piena di controsensi, ma sa anche che non mi rendono meno “persona” rispetto ad altri. E sono sensibile, e studio medicina, e perché no, magari un giorno mi sarà utile per entrare in sintonia con i miei pazienti.

Chissà, magari un giorno ti racconterò come sono stati scoperti i “neuroni specchio” e l’empatia di conseguenza, e ti spiegherò che nel cervello non ci sono recettori per il dolore, anche detti nocicettori, infatti sono stati effettuati interventi a cranio aperto con pazienti svegli che facevano altro, o ti parlerò della nocicezione in generale, ti spiegherò il meccanismo per cui hai dolore fisico, e ti dirò di non sottovalutare la salute mentale, perché in alcuni casi, il dolore mentale può causare anche dolore fisico, e di avere rispetto per chi soffre. O forse ti leggerò i racconti per bambini di Oscar Wilde, i miei preferiti, oppure ti farò ascoltare la nona sinfonia di Beethoven, emozionandomi con te quando il coro e l’orchestra cantano e suonano insieme l’inno alla gioia. Oppure ti racconterò di quando ho provato a offrire la parte migliore di me, il mio cuore, sempre triste e malinconico seppur vivo, ma è stato preferito ad altri più energici e vitali, ma sono sempre andata avanti, cercando altre mani adatte alle carezze che sapevo di meritare e braccia che mi davano il sostegno che necessitavo.

E Kafka scrisse alla sua amata Milena “amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stesso” e io ti auguro di circondarti di persone a cui tu possa dire questo, perché raccontarsi e spiegarsi fa male, ma ti libererà da un piccolo grande peso. Fa in modo però che ne valga la pena. Ci vuole un po’ di amore e di coraggio per mettersi a nudo davanti a uno sguardo gentile e orecchie che sanno ascoltare.

E le persone che mi conoscono bene lo sanno, quanto sia difficile per me raccontarmi bene, senza inibizioni, loro mi hanno comunque vista “dolorante”, quando mi sono ferita davanti a loro, ma grazie a questo ho intessuto connessioni speciali, e queste persone mi appartengono tutte un po’, anche se non ci vediamo sempre.

Anche l’amicizia è una forma di amore, sottovalutata spesso, la più normale è pura che ci sia, è esserci anche da lontano, spazialmente e temporalmente, è appartenersi, ti auguro di trovarne di vere.

Se invece devi farti spezzare il cuore, trova gente per cui ne valga davvero la pena.

Trova anche persone con una ferita simile alla tua, perché avere qualcuno con sofferenze simili ti farà sentire un po’ meno solo o sola.

Circondati di punti di riferimento positivo, che ti diano arricchimento, dei “valori aggiunti” e che non facciano solo numero.

C’è stato uno scrittore (uno dei miei preferiti), Dostoevsky, che ha detto che “la bellezza salverà il mondo” e questa sua frase è diventata il mio mantra: anche se va tutto a scatafascio, anche se trovo difficile pensarlo a momenti, sono certa alcune cose ingarbugliate che non posso cambiare si sistemeranno e alcune persone cambieranno e cambierà tutto, gradualmente e piano piano. Forse sono una sognatrice e basta, forse ho letto troppi classici, forse sono un’inguaribile romantica, ma ti auguro di tenerla a mente, sempre.

Per quanto mi riguarda credo di aver trovato la mia bellezza, e sto provando a metterla in pratica o almeno ci sto lavorando, tantissimo, con tutte le mie forze e le mie energie.

Trova la tua bellezza e portala a compimento, senza ascoltare gli altri. Abbracciala tutta.

Prova a migliorare questo mondo, a modo tuo, con i tuoi tempi.

Sogna e agisci di conseguenza.

Non darti colpe se lasci il cuore un po’ ovunque.

Non sentirti strano/a se avrai momenti in cui ti sentirai solo/a ma allo stesso tempo in stretta connessione col tutto.

Ricordati che si può essere forti e fragili senza soluzione di continuità.

Non lasciarti inghiottire dall’indifferenza e dall’ignoranza.

Impara a fare del bene non stando al centro dell’attenzione, non per un riconoscimento esterno, senza occhi puntati addosso, perché le cose belle e sincere si fanno lontano dal pubblico.

Guarda negli occhi le persone, è lì che si hanno tante risposte a tante domande.

Lascia che la curiosità ti guidi in nuove esperienze, viaggia tanto.

Studia e divertiti.

Coltiva le tue passioni.

Non rinchiuderti mai per troppo tempo a guardare quello che succede fuori o agli altri, vivi, agisci.

Abbi il coraggio di essere te.

Cerca di trovare quel posto nel tuo cuore dove tira sempre il vento.

E ti auguro davvero di essere sensibile, perché la vita se vissuta ancora un po’ di più, è ancora più bella.

Con tutta la dolcezza che mi porto addosso,

Tua,

Marianna.”

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