Quasi 10 anni fa, l’artista irlandese Kevin Abosch ha creato 10.000.000 di opere d’arte virtuali costituite da token crittografici e, più recentemente -intorno ad inizio Aprile- è stata avviata la prima mostra italiana di Crypto arte ‘Travel Diary’, collettiva digitale di 8 giovani artisti.
L’arte crittografica risulta ormai ben radicata nella cultura del Ventunesimo secolo e la crescente distribuzione di contributi immateriali nel mondo digitale ci pone di fronte a un dubbio: l’intangibile toglie valore a un’opera artistica?
Partiamo da un’osservazione: la Crypto arte è sicuramente figlia del nostro tempo e il suo successo, probabilmente, è stato catalizzato dal voler contrastare gli effetti dell’ultima pandemia diventando, oltre che un simbolo, una necessità.
E se da un lato la limitazione sensoriale ci insospettisce, dall’altro il fascino dell’ignoto attira e incuriosisce qualunque fascia d’età. FEWOCIOUS, infatti, aveva 13 anni quando ha iniziato a fare arte crittografica.
Dopo che la sua famiglia gli impedisce di andare in terapia, il giovane nato a Los Angeles definisce l’arte come “l’unico spazio in cui può esprimersi”. Più tardi, a 17 anni, dopo aver venduto la sua prima opera, può trasferirsi nella città dei suoi sogni, nel Pacifico Nordoccidentale, per continuare a creare sino a vendere a 17 milioni di dollari ritratti 24×24 in stile 8 bit.
L’arte di FEWOCIOUS assorbe e riflette la sua stessa sensibilità. “Cosa succede al cervello quando siamo soli?” si chiede nelle opere esposte al museo indipendente d’arte moderna MOCO di Amsterdam.
In che modo, dunque, la complessa emotività del suo contributo potrebbe screditare il valore dell’arte contemporanea?
Insieme a lui nella capitale olandese espone anche uno dei più influenti virtuosi del mondo digitale: Michael Joseph Winkelmann, conosciuto professionalmente come Beeple. La sua stessa identità non è stata subito rivelata in foto ma coincideva con un avatar in stile fantasy. Laureato in informatica nel 2003, Winkelmann lavora come programmatore e la computer grafica 3D non è altro che uno dei suoi hobby; eppure qualche anno più tardi diventa l’autore della terza opera più costosa di sempre e sviluppa per l’azienda di moda francese Louis Vuitton: “Louis the Game” un videogioco incorporato con 30 NFT.
Generalmente i suoi contenuti risultano essere visioni distopiche e politicizzate che coinvolgono multinazionali, opere che non solo sanno stare al passo con i tempi ma ci interagiscono a pieno. “Non sono estremo nelle mie opinioni politiche”, afferma Beeple. “Nonostante alcuni riferimenti, non credo che il mondo si trasformerà in questa distopia”, rassicura. Il suo non risulta essere un gesto rivoluzionario: tempi di tumulto politico, si sa, hanno sempre generato opere d’arte iconiche, ne è un esempio “Guernica” di Pablo Picasso.
Un crypto artista, quindi, come sostiene Skygolpe, uno dei più noti artisti digitali italiani, non è solo un praticante d’arte ma colui che sviluppa anche una sensibilità maggiore per tutto ciò che concerne il rapporto di quest’ultima con l’ecosistema digitale e ruolo di mercato e società, interpretandolo attraverso i fenomeni della decentralizzazione e della blockchain.
Oggi come non mai l’arte ispira e plasma valori e modelli sociali e politici e, in una realtà digitalizzata come la nostra, non può certo rimanerne fuori. Dovremmo scardinare l’idea che il valore del reale e la sua complessa profondità coincidano solo con ciò che è strettamente materiale.
Ma siamo davvero tutti pronti?
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