DATEVI UNA CALMATA

PAROLAPERTA SCUOLA

L’articolo di oggi per ParolAperta scuola non doveva parlare di questo. Doveva essere un approfondimento sulle metodologie concorsuali e su quali sono i criteri di scelta degli insegnanti oggi.

Il punto è che bisogna farsi vittime, succubi di una serie infinita di figure stressate e stressanti, se non addirittura “esaurite”. Ci si riferisce tanto ai bidelli, quanto agli insegnanti e, addirittura, ai presidi. Le scuole non sono un bel posto dove stare, non c’è bella gente lì dentro.

Ma proprio mentre iniziavo a mettere ordine tra gli appunti che presi per stendere l’articolo, mi è venuto in mente ciò che è successo qualche giorno fa al liceo classico Manzoni di Milano, durante l’occupazione dei ragazzi.

Per chi non dovesse saperlo, ParolAperta è stata invitata a tenere un collettivo durante l’occupazione. Appena entrati nel palazzo, un bidello ci ha bloccati (eravamo in due) chiedendoci i nostri nomi per verificare che fossimo autorizzati ad essere lì. Per qualche errore di sorta, solo il mio nome era stato inserito.

Non è stato possibile far passare neanche due secondi, non è stato possibile pronunciare un paio di parole, neppure anche solo iniziare a spiegare perché ci trovassimo lì, che il mio povero compagno è stato preso, spinto, buttato fuori e poi addirittura anche insultato, da un bidello furioso, in piena confusione mentale.

Non era una scena nuova (per Dio non era una scena nuova!); ero appena entrato in un qualsiasi liceo italiano a due anni dal mio diploma, per rivivere ad un metro di distanza la sintesi di tutto ciò che avevo visto per cinque anni consecutivi: follia allo stato brado!

Perché questo vige nelle nostre scuole, la FOLLIA.

In un primo momento ribollo di rabbia: vorrei gridare a quel bidello di tutto, mettere in evidenza la surrealtà di ciò che sta accadendo, ficcare un calzino in bocca ai rappresentanti di istituto che peggiorano la situazione, salire in cima ai banchi e autoproclamarmi capo dell’occupazione, per poi dichiarare il Manzoni una Repubblica indipendente.

Per fortuna prendo un respiro, “è assurdo ma è così”, mi dico. E’ come se fosse un eterno ritorno dell’uguale, non importa dove ti trovi è sempre così che andranno le cose. Ciò che è appena successo fa parte di un protocollo standard, so già cosa devo fare. Mi avvicino al bidello, dopo avergli lasciato qualche minuto per calmarsi e gli dico: “Lei è stato gentilissimo, di un’educazione disarmante, la ringrazio moltissimo per averci accolti e immagino il duro lavoro che ha da fare qui…” poi si arriva al dunque “ ma vede io e quel ragazzo facciamo parte dello stesso gruppo, siamo stati invitati insieme, senza di lui non posso fare nulla, mi capisce vero? Ho bisogno della sua buona volontà. Per favore”

In pratica bisogna mettere in scena l’ipocrisia, anzi, ci si deve fare Ipocrisia con la lettera maiuscola, la si deve saper impersonificare, ci si deve dimenticare del nesso di causalità. Non si è ciò che si vorrebbe ma ciò che la scuola mi impone di essere, per sopravvivere. E anche questa è un’arte.

Io credo fortemente e dovremmo farlo diventare un esperimento, che se per circa un mese  ogni ragazzo che entra a scuola non debba sentirsi alitare in faccia cattive parole, comandi o divieti insensati, vicende personali e commenti inutili dall’inizio fino alla fine della giornata, gran parte dei problemi didattici e comportamentali scomparirebbero.

Il mio compagno, viene così fatto rientrare, ma anche lui sa che la partita non è ancora chiusa. Senza neanche bisogno di uno scambio di sguardi con me, si avvicina al bidello e con tutta la maestria che i suoi anni nella scuola pubblica gli hanno concesso di accumulare dice: “le assicuro che io non la volevo insultare, lei ha tutta la ragione di questo mondo…” Vi assicuro che nessun insulto, anzi proprio nessuna parola, fu mai pronunciata da quel ragazzo nei confronti di quel bidello. Ma chi ci crederà? Nessuno. Non ci crede mai nessuno se si racconta quali salti logici e quali sfide surreali gli studenti sono portati a compiere ogni giorno nelle aule scolastiche per sopravvivere.

Il punto non è questo avvenimento in sé. Il punto è che scene come questa si possono rivivere in ogni istituto d’Italia non importa quando, né dove. Il punto è che bisogna farsi vittime, succubi di una serie infinita di figure stressate e stressanti, se non addirittura “esaurite”. Ci si riferisce tanto ai bidelli, quanto agli insegnanti e, addirittura, ai presidi. Le scuole non sono un bel posto dove stare, non c’è bella gente lì dentro.

Tutto questo porta conseguenze allucinanti. Vorrei sapere chi ha scritto sul cemento, o se c’è nella costituzione, che gli studenti devono essere trattati come sacchi di merda. DATEVI UNA CALMATA, tutti: personale Ata, insegnanti, tirocinanti, ditte delle pulizie esterne, figure strumentali, presidi, provveditorati, ministri e ministeri.

Datevi una calmata perché la maggior parte dei problemi nasce proprio da voi, nasce dal presupposto che voi facciate qualcosa di importante, di utile, che voi facciate qualcosa contro il problema quando molto probabilmente siete voi il problema.

Io credo fortemente e dovremmo farlo diventare un esperimento, che se per circa un mese  ogni ragazzo che entra a scuola non debba sentirsi alitare in faccia cattive parole, comandi o divieti insensati, vicende personali e commenti inutili dall’inizio fino alla fine della giornata, gran parte dei problemi didattici e comportamentali scomparirebbero.

Quello che in questa sede può sembrare un semplice sfogo ha, in realtà, una grande importanza. In primis vuole porre l’attenzione sulla figura chiave del sistema scolastico, ovvero lo studente, e di quanto tutto si regga intorno a essa, anche se viene posta da tutti all’ultimo gradino della scala sociale. In secondo luogo, vorrei sottolineare quanto sia importante poter essere guidati da figure adeguate, non solo sotto un punto di vista didattico, ma soprattutto psicologico, all’interno del contesto scolastico.

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