Sguardo sul periodo degli Stati Combattenti
Il Sengoku Jidai o periodo degli stati combattenti fu il momento di maggiore instabilità della storia giapponese, alla metà del XVI secolo. Lo shogunato militare del clan Ashikaga iniziò a perdere la sua capacità di controllo delle realtà locali, in cui s’ergevano sempre più grandi signori (i daimyo) con al seguito grandi eserciti composti tanto da popolani armati alla leggera (ashigaru) quanto da guerrieri armati di pesanti armature e spade: i samurai.
Una folata di vento potente e veloce ha zittito l’idilliaco giardino e i gioiosi uccellini, ora non cantano più. Che fare per poterli sentire nuovamente cinguettare? Per Oda Nobunaga l’unica cosa sensata è sopprimere gli uccelli. Se non cantano non hanno motivo di esistere. Invece, Toyotomi Hideyoshi sarebbe maggiormente paziente, convincendoli con offerte di cibo e riparandoli dalle prossime burrasche. Tokugawa Ieyasu, infine, farebbe la cosa più semplice in assoluto: aspettare, prima o poi torneranno a cantare da soli.
Questa strana ma esemplare storiella, è un modo semplice che i giapponesi usano per comprendere cosa accadde nel loro Paese e soprattutto come si comportarono i suoi tre maggiori protagonisti ritenuti ancor oggi: gli unificatori del Giappone moderno.
Ma tra i grandi protagonisti del periodo, passati alla storia per le prodezze militari ed il rigido codice d’onore, non possiamo dimenticare il clan Takeda. Signori della regione del Kai, vantavano legami di sangue con gli Shogun Minamoto e Ashikaga ed erano temuti per la loro cavalleria pesante che strizzava l’occhio ai cavalieri europei dei secoli precedenti, capaci di spezzare le linee nemiche con un’unica carica.
Colui che maggiormente riuscì a cogliere e sfruttare il grande potenziale dei cavalieri pesanti sul suolo nipponico fu l’eroico Takeda Shigen, daimyo del Kai.
Nato nel 1521 con il nome di Harunobu, venne chiamato Shingen per la sua ferrea fede buddhista. Egli fin da subito godette della fiducia del padre Nobutora che aveva ben colto la raffinata intelligenza del figlio e l’inclinazione per le cose militari. Ad appena 15 anni il giovane Shingen conquistò la sua prima fortezza, Umi no Kuchi.
Tale vittoria rese celebre il nome del giovane tanto da destare molte preoccupazioni in Nobutora che ebbe paura del figlio, e decise di diseredarlo. Ovviamente il giovane Shingen non poteva subire passivamente la decisione del padre e si ribellò, con un colpo di mano, nel 1540 riuscì a prendere il potere ed esiliare il padre, conquistando con la forza il dominio sul clan Takeda.
Il Giappone del Sengoku Jidai era però una terra di opportunisti, di iene pronte ad azzannare il leone ferito. Nella vicina regione di Shinano, infatti, videro i dissidi interni ai Takeda come un’occasione irripetibile per un’invasione. Ovviamente i samurai della forza d’invasione non avevano compreso con chi avevano a che fare. Shingen radunò rapidamente una piccola forza di 3000 uomini e architettò un attacco a sorpresa a Sezawa, riuscendo a sbaragliare una forza di ben 12000 soldati.
Takeda Shingen era un tipo bellicoso per lungo tempo invitto, ma tale indole lo portò, nel 1548 a scontrarsi con un altro mostro sacro della storia dei samurai, Uesugi Kenshin noto come il dragone di Echigo.
I due eroi si scontrarono nelle 5 battaglie di Kawanakajima (che non ebbero mai un chiaro vincitore) entrando nel mito e nel 1561 durante la quarta battaglia i due daimyo incrociarono direttamente le lame.
Durante l’epica faida il resto del Giappone fu molto movimentato, infatti si affermò la figura forse più affascinante della storia del sol levante, Oda Nobunaga daimyo di Owari.
Il clan Oda grazie al genio militare di Nobunaga compì una repentina ascesa sul punto di divorare il debole shogun Ashigaka.
Shingen aveva finalmente trovato la sua nemesi e dichiarò guerra a Nobunaga e al suo alleato, Tokugawa Ieyasu. Nel gennaio 1573 i due eserciti si diedero battaglia a Mikatagahara, dove Shingen conseguì la sua più grande vittoria.
Sebbene Tokugawa e Oda facessero largo uso delle nuove armi europee, archibugi e cannoni, la cavalleria pesante Takeda riuscì a sgominare i samurai avversari dimostrando che in Giappone coraggio e katana valevano ancora più di buona mira e polvere da sparo.
Ma una sola grande vittoria non poteva certo fermare il duo Oda-Tokugawa e la guerra continuò. Dopo alcuni mesi, Shingen assediò il castello di Noda, sotto le cui mura venne ferito mortalmente. La fine del grande samurai si consumò il 13 maggio 1573.
La dipartita di Shingen fu foriera di sventura per tutto il clan Takeda, il figlio Katsuyori non riuscì a reggere il confronto con Oda Nobunaga e venne sconfitto definitivamente nella battaglia di Nagashino del 1575. Infine, i vincitori lo costrinsero a fare seppuku (suicidio rituale) nell’aprile del 1582.