L’Attacco dei Giganti e l’abbattimento delle Mura

Nato nel 2009 sulle pagine di Bessatsu Shonen Magazine di Kodansha, esploso grazie all’anime nel 2013, argomento caldo 2020/21: perché L’Attacco dei Giganti è il manga del momento? Come ha fatto a catturare l’attenzione di così tanta gente anche fuori dagli appassionati del settore?


La forza della serie è indubbiamente da trovare nella sua evoluzione. L’incipit ci porta un’ambientazione tipica dell’Europa medievale, cosa che ha indubbiamente facilitato l’immersione degli occidentali. Non solo quello: se si può inquadrare l’inizio in un filone, il più simile è l’apocalisse zombie. Mostri senza cervello che divorano essere umani, costretti a nascondersi ed isolarsi per evitarli. Altri elementi presenti ricordano inevitabilmente l’orrore occidentale, in particolar modo The Mist di Stephen King. Successivamente, nei primi archi, la serie galleggia su alcuni classici del manga per ragazzi (assorbendo pienamente la lezione classica dei mecha di Gō Nagai ma soprattutto da quelli rivoluzionari come Mobile Suit Gundam e Neon Genesis Evangelion) ma al tempo stesso continua ad essere pesante, inquietante, stomachevole e soprattutto credibile (come l’opera massima di Nagai, Devilman). Intanto che i fitti e intriganti misteri cominciano a svelarsi, Shingeki no Kyojin inizia a presentare i suoi valori portanti, uno su tutti: la libertà, negata dal mondo crudele ed aspirazione massima di vita, senso di ricerca di essa che diventa qualcosa di più grande del singolo e che spinge i nostri personaggi a continuare ad avanzare. Ma non è così semplice.

La serie diventa progressivamente fantapolitica e con la rivelazione di ciò che è realmente il mondo diventa impossibile distinguere il bene ed il male. Come in una vera guerra, come nel mondo vero, non vi sono buoni e cattivi. Sono tutti contemporaneamente vittime e carnefici, semplicemente di schieramenti diversi, neanche scelti dai personaggi stessi. Arrivando negli archi conclusivi, evitando spoiler, aggiungo solo che è veramente difficile tracciare uno schieramento da prendere come lettore. Si può solo, come alcuni personaggi, accettare lo scorrere degli eventi e farsi la propria personale idea, non per forza la soluzione giusta. Ma nel suo scioglimento, L’Attacco dei Giganti si riconferma: la libertà è il valore massimo a cui aspirare. E la vita più libera che si può vivere è quella il cui unico senso è vivere ed apprezzare il valore di tutto, anche delle cose più piccole. In conclusione, L’Attacco dei Giganti è terminato da qualche mese ed in attesa della seconda parte dell’ultima stagione animata ha già lasciato il suo segno nella storia. Figlio di classici orientali, inscrivibile in un filone che accoglie sempre grande consenso di pubblico e critica (ne dico uno, Berserk, e chiudo) ma ancor di più debitore dall’intrattenimento occidentale (tra le altre, anche da Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, sempre citate dall’autore Hajime Isayama) e dalla sua filosofia (Platone è solo il più facilmente riconoscibile autore che ha plasmato tematicamente la serie).

Fruibile per tutti, rivoluzionario, sfacciato e senza paura: Isayama non si fa problemi a criticare chi “rimane nella caverna”, chi si rifiuta di guardare in faccia la realtà, chi vuole arrendersi, chi non crede nelle sue idee ed ideali fino in fondo, le autorità che ce la mettono tutta per impedirti di “uscire dalla caverna” e chi è loro complice, contro il potere vecchio e soffocante per le generazioni future. Influente già nel presente e di sicuro punto fisso per il futuro, L’Attacco dei Giganti ha riportato manga ed anime nella cultura popolare con prepotenza in un loro momento di crisi. L’augurio è che i suoi valori positivi, raccontati tramite il peggiore dei mondi possibile, entri nei fan, li plasmi e li renda più consapevoli.

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