Non bisognerebbe mai ritornare

Erano sempre le immagini a rompere lo iato delle mie giornate monotone.

Affogavo nell’atto di ricordare l’infanzia e la gioventù che, seppur già dolorose e segnate dalle morti di una famiglia numerosa e felice, facevano da lume fioco ai fantasmi che mi circondavano la notte. Talvolta accompagnavo a quel rivivere la gioia passata una musica trasmessa da un vinile o una radio malmessa, un cantautore che di evergreen non aveva niente e una melodia mista a una nostalgia tangibile solo per la mia anima.


Tutte le immagini scorrevano come fossero piani sequenza perfetti, senza arrivismo da registi vacui.
Al centro di ognuna c’erano sempre delle mani: le mani di mia nonna che di domenica mattina mi tenevano forti per andare a prendere il latte; le mani di mia madre che abbracciavano il libro di quello scrittore sudamericano che chissà quante volte rilesse e quante altre ne parlò; le mani di mia sorella che, una volta messi da parte i motivi di litigio, mi stringevano e mi commuovevano al pensiero di un’anima così vicina alla mia.

Le mani: erano sempre quelle a segnare un ricordo, una sensazione espressa attraverso la lettura della vita passata. Che cosa ci fosse di nascosto dietro i gesti delle mani, delle loro, l’avevo sempre saputo ed era la cura, piena di parole che magari non si sapevano dire, di quotidiano amore che sgocciolava tra le piccole cose.


Ed ora che di quel mondo antico resta solo uno spettro; ora che quel che ti ho scritto l’ho scritto pensando a ciò che somigli un po’ all’amore, ti domando scusa, Jeanne.
Raccoglieremo fiori, le mani profumeranno di campagna, andremo al mare, domani e sempre.
Il nostro amore sarà coniugato al presente e al futuro.


[..]
Questo mio pianto è infantile – lo so – e le lacrime cadono giù bambine e mescolate a un sentimento di gratitudine per quel passato che colmo di dolore mi ha fortificato e allo stesso tempo reso così vulnerabile di fronte al ricordo.
Da una parte un dolore che mi ha insegnato che tutta quella sofferenza inutile potevo risparmiarmela e, dall’altra, un dolore che è quello della vita felice che non tornerà più. Finché la vecchiaia ti ruba persino la giovinezza, ti monta le ruga, ti sistema le lenti; finché la morte arriva e tu ancora vivi e ricordi e rifuggendola la incontri a Samarcanda.


Non sprechiamo questo tempo annegando nel ricordo eterno, e perdonami per tutto.
Perdonami Jeanne, a presto.

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