Salvate il soldato Mattarella

UN FONDO PSICOLOGICO DIETRO LE ELEZIONI DEL PRESIDENTE

Tutti, almeno una volta, al termine del periodo scolastico abbiamo passato tre mesi di assoluto relax, tre mesi nei quali volevamo saperne solo di discoteche, mare e ritiri a casa non prima dell’alba. Del tempo, dunque, nel quale la nostra mente esigeva uno stop da qualsivoglia attività impegnativa. Accadeva da piccoli fino – in genere – ai 18 anni, età durante la quale l’estate è iniziata -per i più- a riempirsi di lavoretti sottopagati e libri universitari da divorare.
Bene, adesso immaginate lo stesso clima da amnesia dissociativa e applicatelo al contemporaneo.

Nello specifico, contestualizzate in riferimento ad un signore di 80 anni, sposato, con tre figli e immerso dal 1983 nel mondo della politica italiana, vivendo Prima, Seconda e Terza Repubblica. Un uomo massiccio, brizzolato, con la passione per i gatti, la montagna e la simpatia per l’Inter, come ci accenna nel 2015 La Stampa. Insomma, potrebbe essere semplicemente il ritratto di un pensionato qualunque che ha condito la sua vita interessandosi di politica. Ma non lo è. Si parla, invece, di Sergio Mattarella, classe ’41 e più volte Ministro, Giudice della Corte Costituzionale e da sette anni Presidente della Repubblica Italiana. Mattarella è al termine del suo mandato e da un paio di mesi ha espressamente dichiarato di non voler continuare nel suo lavoro. Lo fece intendere parlando ai ragazzi delle scuole, lo disse nel suo ultimo discorso di fine anno e lo esplicò ancora meglio con il suo ultimo gesto, forse meno istituzionale ma non per questo motivo di minor impatto: il trasloco. Nei giorni scorsi, infatti, il Presidente è sceso nella ridente Palermo, ha lasciato la sua casa nel capoluogo siculo e ha traslocato verso un appartamento a Roma dove sarà in locazione. Appare dunque semplice comprendere come il Capo dello Stato sia già mentalmente pronto a godersi il meritato riposo.


Sembrava lo avesse capito anche la compagine politica, ma è oggi evidente come il rispetto verso la scelta del Presidente Mattarella sia andato completamente perso. Dapprima, difatti, il centrosinistra è uscito con Ferdinando Casini, aree pentastellate hanno forzato la candidatura di Liliana Segre, mentre il centrodestra ha proposto l’altissimo profilo di Silvio Berlusconi. Fino a questi momenti, però, le schede a nome “Mattarella” erano solo una decina, scritte da qualche nostalgico. Poi la svolta. D’improvviso occorreva una figura femminile, una donna. Ed ecco che la destra unita ha gettato in ballo Maria Elisabetta Casellati. Tuttavia, anche il progetto Casellati è stato destinato a vita breve percependo, durante la seconda votazione, due soli voti; una debacle, rispetto ai 382 della prima.
Oggi un nuovo cambio di rotta: Salvini, figure di Forza Italia, il Partito Democratico e Italia Viva appoggiano Sergio Mattarella. Il motivo? “Non possiamo permetterci un’altra settimana di ritardo nei confronti degli italiani”, tuona il leader della Lega ai microfoni dei TG, scatenando l’ira di Giorgia Meloni che vede un “Parlamento non all’altezza” e “partiti che hanno scelto di tirare a campare”, separandosi dal Matteo nazionale in felpa verde.


Ripresentare Sergio Mattarella in veste di Presidente ha, però, due elementi di criticità. Il primo risiede nell’incapacità amministrativa del Parlamento nel proporre all’unanimità un nome, andando contro i principi costituzionali di integrità istituzionale. Eleggere una seconda volta lo stesso candidato come Presidente della Repubblica non è naturale: si tratta di un’eccezione alla regola che generalmente si applica in situazioni critiche (caso Napolitano). Di fatto, la nostra Costituzione, ai sensi dell’art. 135, vieta la rieleggibilità dei giudici costituzionali, principio ripreso in senso lato per la disciplina presidenziale. Il secondo elemento, analizzato da nessuno sino a questo istante, è quello psicologico.
Il web ha ampiamente ironizzato sul Mattarella-Bis, potete di seguito trovare una serie di immagini satiriche a tal proposito.


“Scherzando si può dire tutto, pure la verità”, diceva Sigmund Freud, neurologo e psicoanalista. Andando oltre lo scherzo, quindi, cerchiamo di indagare sulla verità. I ripetuti “no” di Mattarella, le sue ultime distanze e, infine, il trasloco palermitano, vanno ben oltre le mere “uscite pubbliche”; caratterizzano, invece, un tratto distintivo della personalità, applicato alla situazione che il soggetto sta vivendo. Come lo studente scolastico a fine maggio immagina già le sue vacanze estive, Sergio Mattarella da agosto (inizio del suo semestre bianco) ha iniziato a progettare la sua vita privata, lontana dalle telecamere e soprattutto dal Quirinale. Immaginate, però, se ad uno studente venisse imposto di continuare a frequentare la scuola fino a luglio o, peggio ancora, senza alcuna pausa estiva. Il risultato sarebbe un ragazzo stanco, frustrato, inconcludente e quindi controproducente. Sergio Mattarella è un essere umano e, pertanto, su di lui l’effetto non sarebbe poi tanto diverso.


Nel momento in cui ci viene proposto qualcosa contro la nostra volontà, difatti, il cervello percepisce le informazioni ricevute come malevole, sviluppando un comportamento ostile e procrastinatore: quante volte rispondiamo male, ci annoiamo e svolgiamo in maniera superficiale un compito proprio perché ci viene urlato contro, magari dalle nostre mamme che dobbiamo forzatamente portarlo a termine? Ebbene, l’effetto è il medesimo, sviluppando quella che in gergo è definita “ostilità nascosta”: quando le persone imparano che non possono esprimere la rabbia apertamente, l’emozione non svanisce e la si impara ad esprimere in modi alternativi, socialmente accettabili, spesso attraverso comportamenti aggressivo passivi come ad esempio fare promesse e non mantenerle, procrastinare, inventare scuse, lamentarsi ed assumere atteggiamenti vittimistici.
Nel nostro caso, provando ad entrare nella mente del nostro Presidente, quest’ultimo ha avviato – involontariamente – da qualche settimana a questa parte quella che è la disciplina del “cervello a riposo” il quale, in assenza di particolari compiti da svolgere in un futuro imminente, funziona come una serie di algoritmi definibili “modelli generativi”, i quali permettono di preparare al meglio le mansioni prossime. E’ evidente, però, che Mattarella di riposo non ne abbia visto nemmeno l’ombra. Ecco che diventa sempre più lecito parlare di “cattivo riposo”, il quale prende piede a poco a poco all’interno della psiche, ledendo l’assetto fisico-mentale e sviluppando potenzialmente stress, ira, rabbia incondizionata e – in casi più rari – depressione. Tutto ciò in vista di un adattamento sociale imposto dal comportamento degli individui esterni alla persona singola, la quale si vede costretta ad agire secondo sistema nervoso simpatico e, pertanto, in ottica emergenziale, adeguandosi in genere con scarsi risultati e operando in funzione delle nuove necessità ricevute. Ma nel dettaglio, vi consiglio di approfondire gli studi di una figura ben più autorevole del sottoscritto, ovvero quella dello psicologo, biologo, pedagogista e filosofo svizzero Jean Piaget.


Alla luce di quanto scritto e con assoluto rispetto per le potenzialità cognitive del nostro Presidente, presentare un “bis” andrebbe non solo contro dei principi costituzionali, sociali e politici, ma potrebbe ledere – e non di poco – l’integrità fisica e mentale di una figura che per altri sette anni dovrà rimanere preparata, sempre disponibile e soggetta a non poche criticità nazionali e internazionali. E poi, diciamocelo chiaramente: un conto è essere Presidente della Repubblica con politici come Giorgio Almirante, Enrico Berlinguer, Alcide De Gasperi, Aldo Moro o Pietro Nenni, un altro lo è con Matteo Salvini, Giuseppe Conte, Enrico Letta, Matteo Renzi o Luigi Di Maio.
La scelta più saggia, dunque, sarebbe trovare un’altra figura. E non dico di “alto livello”: questo è un termine fin troppo logoro. Occorrerebbe qualcuno, però, che continui a dare unità e dignità al nostro Paese.
“Chi vivrà, vedrà”, cantava Rino Gaetano.
Nel mentre, però, salvate il soldato Mattarella. E anche cinquanta milioni di italiani succubi (e in parte complici) dell’attuale scempio istituzionale.

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