Scrivere è una menzogna.
Oppure è una lucida constatazione delle verità recondite che noi stessi consideriamo come menzogne perché ne abbiamo paura.
Nello stesso momento in cui mi trovo a scrivere una parola, e poi questa e poi questa parola, e poi il termine “parola”, che ho poc’anzi utilizzato per spiegare il fatto stesso che stessi scrivendo proprio quella parola… Tutto ciò non so identificarlo, non so se sia una menzogna, tale che se considerata in profondità, nella sua essenza, nella sua sostanza, paia essere invece una verità pura; ma non so neppure se sia una verità, poiché i miei pensieri non circolano naturalmente in modo così ordinato, preciso, articolato e prolifico nel momento in cui una data idea viene prodotta dalla mente. Forse scrivendo si è portati ad affermare alcuni aspetti che un semplice pensiero non metterebbe in luce, forse perché influenzato dal fatto stesso di star scrivendo, o forse perché quando si scrive si cerca sempre di abbellire un po’ il testo, anche uno di natura privata, con espressioni che risultino argute, intelligenti, elaborate, caratteristica che si evince anche dal mio aggiungere, cambiare, modificare tasselli di testo, di modo da non risultare noioso e ripetitivo, adottando dove posso sinonimi di espressioni già usate, un po’ come una giustificazione di quanto probabilmente si scrive: come se una maggiore quantità o qualità di discorsi servisse a legittimare una propria convinzione che qualcun altro, in caso di assenza di elementi aggiuntivi ad essa, potrebbe giudicare come erronea o ingiusta, anche qualora quel qualcuno non ci fosse mai o fossimo soltanto noi stessi che, in funzione della nostra stessa perenne indecisione, non sappiamo ciò che vogliamo, né ciò che pensiamo, né ciò che siamo.
Il paradosso di tutto ciò è che anche durante la stesura di questo stesso articolo è avvenuto il processo pratico e psichico illustrato sopra. Dunque questo cosa significa? Cosa si vuole dimostrare tramite la scrittura? Forse un maggiore acume intellettuale rispetto alla massa? Forse, alla maniera oraziana, ergendo un monumento aere perennius, ci si vuole redimere dall’oblio eterno dell’Ozymandias di Shelley? Ed inoltre perché sempre questo continuo citazionismo, il prendere in prestito parole, frasi, pensieri, riflessioni d’altri per rivendicare le nostre? Forse perché ancora una volta non siamo convinti di ciò che vogliamo essere e di ciò che vogliamo dire, sobbarcando così altra gente al peso di ciò che invece Noi diciamo e siamo, come per annullarci.
Scrivere è una menzogna e la menzogna è voler esistere, vivere ed essere chi si è (o meglio, chi non si è) per davvero.
Forse è questa la ragione di tutti i forse?
Forse.