Tango – Lista di sopravvivenza alla distanza

“L’ho iniziata a scrivere pensando ad un amore a distanza, poi sono venuto a conoscenza della storia di Maxime e Olga e quindi ho poi proseguito a scriverla pensando a loro”. Tananai – Domenica In, Speciale Sanremo – 12/02/2023.

Tananai, il nostro Ultimo diventato Primo -o in questo caso quinto-, sceglie di tornare sul palco di Sanremo annunciando che il titolo della sua canzone sarebbe stata Tango. Penso subito alla nascita di un nuovo tormentone, quale Sesso occasionale l’anno precedente, ma ecco che alla sua prima apparizione su quel palco mi sorprende. Una “ballad” che non è rimasta impressa subito nella mia mente, perché circondata da inni al sesso e all’amore libero, da rose e furore, ma chissà perché dopo una settimana in cui la ascoltavo ogni sera, oggi mi sono svegliata e riascoltandola mi sono commossa. Sarà stato principalmente il video musicale della canzone che “mixa” clip di due ragazzi, Maxime e Olga, nei normali momenti di vita quotidiana e poi scorre una foto che ritrae Maxime pronto per affrontare la guerra: lo schermo si divide in due e da quel momento in poi seguiamo da un lato Olga e dall’altro Maxime. Palazzine in fuoco, videochiamate pixellate, notti al freddo e carrarmati, uscite con le amiche alle giostre e cene al sushi.


Per fortuna di guerra non ne so niente ma forse della distanza conosco qualcosa.

Tutti gli amori di cui non mi è importato tanto, quelli messi lì per gioco, quelli che mi hanno fatto piangere per due giorni, ma che alla fine accantonavo perché non era vero amore, ma un passatempo. Tutte quelle stupide stagioni della mia vita erano davanti a me tutti i giorni, a pochi passi da casa oppure che prendevano forma in biblioteca o che, per sfortuna, frequentavano il mio stesso corso di studio. E allora perché dovevo innamorarmi di qualcuno che viveva lontano? Perché quell’amore se ne sarebbe andato in Spagna? Non è una distanza insormontabile, non ci divide la guerra e non ci divide il Mondo ma allora perché la chiamo distanza se effettivamente non lo è? Forse perché quell’amore lo avrei voluto vicino, a pochi passi da casa mia, magari lo avrei voluto vedere in biblioteca e magari alle lezioni del mio corso di studio. Invece ho dovuto stilare una lista di sopravvivenza:

  1. Comprare delle cuffie funzionanti con microfono e audio, buttando le mie che a malapena trasmettevano la musica;
  2. Una rete Wi-Fi stabile (difficile);
  3. Cercare un’ora (o più) da dedicare a noi;
  4. Guardare film su film su Meet (mai quelli d’amore perché altrimenti si potrebbe piangere).

Quello che mi spaventa di più, però, è non poterlo inserire nella mia vita quotidiana. Questo ancora non riesco a farlo: dopo sei mesi mi ritrovo ad avere due vite, una a Lecce e una che sembra un sogno, una poesia, che divide il ricordo musicale di un agosto in festa a Lecce, una settimana piovosa di settembre a Firenze e, in ottobre, cinque giorni dedicati al cinema a Torino.

“Come si salva un amore se è così distante
È finita la poesia”.

La mia vita scorre tra le solite serate, senza di lui, e qualcuno ha voluto rendere facile la mia situazione, dicendomi “fortunata” perché «Puoi tradirlo eh, io non dirò mai niente». Troppo facile, troppo scontato, una via di fuga misera e fredda, quasi spietata, che non guarda in faccia nemmeno ai miei sentimenti perché loro sono i veri colpevoli: a cosa servirebbe? Io voglio il suo tocco e la sua risata, ho aspettato anni e ho scelto lui. Non voglio tradirlo, ma vorrei non averlo conosciuto. Non avrei dovuto invitarlo per quel caffè. Non avrei voluto innamorarmi perché le videochiamate sono pixellate e non riesco a osservare bene i suoi occhi, il suo sorriso e non riesco ad ascoltare le sue battute che, la connessione blocca a metà e perciò devono essere ripetute due o tre volte e così non fanno più ridere. Non avrei voluto rassicurarlo nel fatto che la distanza l’avrei saputa gestire, perché insieme non riusciamo a studiare se almeno uno dei due non dà un bacio all’altro per distrarlo, invece distanti è tutto così silenzioso e lui studia perfettamente mentre io fisso il verso 40 dell’Eneide e ancora non sono riuscita a tradurlo.

“Tu, fammi tornare alla notte che ti ho conosciuta
Così non ti offro da bere e non ti ho conosciuta”

Ma l’ho fatto, e se non lo avessi fatto me ne sarei pentita, perché chi lo avrebbe detto che c’era qualcuno d’amare nel mondo? Chi l’avrebbe detto che sarei stata bene con qualcuno? E allora lui mi ferma quando comincio a vedere tutto nero e mi ripete che tra pochi mesi ci rivedremo. Continuo a stilare la mia lista.

  1. Apprezzare i sorrisi in videochiamata;
  2. Ridere anche se non c’è niente per cui ridere;
  3. Non parlare della distanza;
  4. Raccontarsi le proprie giornate anche se è noioso: la routine ti fa entrare nella sua vita.

Alla fine, ci vedremo e non ricorderò niente delle litigate, perché ogni volta che ci vedremo sarà un viaggio, una vacanza. Ma il budget è limitato e il tempo scarseggia. Tutto questo allena la mia pazienza soprattutto a causa dei litigi: come si risolvono dietro a un telefono? Messaggi scritti in fretta che molte volte servono solo a fraintendere, chiamate in cui si sente solo uno dei due che piange e l’altro in silenzio. Ma se non ti guardo piangere come posso asciugarti le lacrime? Se non litighiamo come possiamo abbracciarci dopo? E allora possiamo solo dormirci su e aspettare il lunedì che ci vedremo e tutto sparirà perché saremo di nuovo insieme.

“Io tornerò un lunedì”

Ma la settimana passa in fretta, le notti sono troppo brevi e i pomeriggi scorrono via come il minutaggio di un film ed è così che solo dopo due minuti io gli stringo la mano e lo accompagno alla stazione, sorridendo ma trattenendo le lacrime. Lo stringo in fretta e scappo via: non voglio vedere mai il treno che parte, altrimenti significa che sta andando via davvero, che davvero non ci vedremo per molto tempo. E così torno a casa ascoltando Tango e piangendo, finalmente, quando lui non può vedermi. Prendo le chiavi e apro la porta ritornando nella mia stanza dove lo ho ancora con me, sì proprio lì sulla scrivania, in quella foto dove sorridiamo in una serata d’Agosto a Lecce, ballando un tango, nel momento esatto in cui tutto era iniziato ma la distanza non era ancora stata decisa.

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