War on Drugs: 50 anni di fallimento

Circa 50 anni fa, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon dichiarò che l’abuso di droghe era il nemico pubblico numero uno, dando inizio di fatto ad una campagna mondiale mai vista prima: la War on Drugs.

Richard Nixon, Presidente degli Stati Uniti d’America dal 1969 al 1974.

Oggi possiamo effettivamente tirare le somme. La War on Drugs è stata un enorme fallimento, con devastanti e inattese conseguenze.
Fece aumentare esponenzialmente la popolazione carceraria degli USA, portò corruzione, crisi politiche e violenza in America Latina, Asia e Africa. Abbiamo visto inoltre il sistematico abuso dei diritti umani in tutto il mondo, influenzando negativamente la vita di milioni di persone.
Spendiamo miliardi di dollari ogni anno solo per veder crescere potenti cartelli della droga mentre il principale obiettivo di questa guerra sembra più lontano che mai: un mondo senza di essa.

Il cuore della strategia della WoD è “no drugs, no problems” quindi tutti gli sforzi dei decenni passati si erano concentrati nell’eradicazione della fornitura di sostanze stupefacenti e nell’incarcerazione dei trafficanti.

Ma questo ignorò la regola fondamentale del mercato: domanda e offerta. Riducendo la fornitura di qualcosa senza ridurne anche la domanda succederà che il prezzo si alzerà, specialmente se parliamo del mercato delle sostanze stupefacenti. Esse verranno consumate indipendentemente dal costo, e automaticamente l’effetto sarà quello di incoraggiarne la produzione.

Nelle Americhe questo fenomeno è noto come “Effetto palloncino”: Il nome deriva dal paragonare gli effetti degli sforzi compiuti dalle autorità per sconfiggere la produzione di droga nei Paesi del Sud America con l’effetto che si ottiene stringendo forte un palloncino pieno d’aria: sotto la pressione della mano, l’aria non sparisce ma si sposta verso un’altra zona del palloncino che offre minore resistenza. Allo stesso modo, le azioni mirate a sopprimere il traffico di droga smantellando una qualunque via di rifornimento sarebbero vanificate dal fatto che il traffico potrà comunque continuare prendendo altre vie dove l’attenzione delle autorità è inferiore.

Riassumendo, questi sforzi hanno reso la produzione più professionale, le sostanze più potenti che mai, tutto senza mai ridurre l’offerta.
Non si può vincere questa battaglia dal punto di vista dell’offerta, la DEA (Drug Enforcement Agency) con un budget di 30 miliardi di dollari l’anno ha un tasso di efficienza minore dell’1%.

Ma non finisce qui, è vero che i divieti possono evitare che un certo numero di persone venga a contatto con queste sostanze, ma nel fare questo vengono causati numerosi danni alla società nel suo insieme. Molti dei problemi che associamo alla droga in realtà provengono dalla lotta contro di essa. Ad esempio i trafficanti rendono le sostanze più potenti per massimizzare i profitti, come nel proibizionismo americano dove il consumo di liquori era aumentato esponenzialmente rispetto alla birra.
Allo stesso modo i divieti hanno aumentato i casi di violenza e omicidi del mondo; Solo negli USA questa guerra ha portato all’aumento del tasso di omicidi del 25-75%, e in Messico si stima che tra il 2007 e il 2014 siano state uccise 164.000 persone, più delle vittime delle zone di guerra di Afghanistan e Iraq dello stesso periodo.

Gli Stati Uniti hanno il tasso di detenuti più alto del mondo (25%), e questa guerra colpisce in particolare le minoranze come afroamericani o latini con tassi di detenzione 10 volte maggiori rispetto ai coetanei bianchi nonostante l’incidenza del consumo sia maggiore tra questi ultimi. Circa l’80% delle persone nelle carceri federali e il 60% delle persone nelle carceri statali per reati relativi alle droghe sono neri o latini.

Negli anni ’30 e ’40 quando il consumo di marijuana era diffuso specialmente nelle comunità afroamericane il tentativo di criminalizzazione d’interi gruppi era chiaro. Nessuno psicologo, medico o scienziato aveva confermato le fandonie del governo USA sulla pericolosità della canapa, ma i contorni del problema erano evidenti: a fumare l’erba erano le minoranze e questo offriva un escamotage ideale per mascherare la questione razziale dietro una questione di puro ordine pubblico.

Tassi di incarcerazione USA per etnia, 2010

La domanda sorge quasi spontaneamente, esiste una soluzione alternativa? Avete mai sentito parlare di “riduzione del danno”? La riduzione del danno si riferisce a politiche, programmi e prassi che mirano a ridurre i danni correlati all’uso di sostanze in persone che non sono in grado o che non vogliono smettere di assumere droga. La riduzione del danno si fonda sulla giustizia e sui diritti umani. Si concentra sul cambiamento positivo e sul lavoro con le persone senza giudizio, coercizione, discriminazione o richiesta che smettano di usare droghe come precondizione di sostegno.

I diritti umani sono per tutti. Le persone che usano stupefacenti non perdono i loro diritti umani: il diritto di ricevere i servizi con i più elevati standard di salute; non perdono il diritto di lavorare, a beneficiare dei progressi della scienza; di essere liberi da detenzioni arbitrarie e liberi da trattamenti crudeli, inumani e degradanti. La riduzione del danno si oppone alle ferite e ai danni intenzionali inflitti a intere comunità in nome del controllo e della prevenzione e promuove risposte che proteggano e rispettino i fondamentali diritti.

Quante vite e quante comunità dovranno essere ancora dilaniate per avere un cambio nella legislazione?

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