Basta con l’antimafia

Mi sono rotto il cazzo. Okay, calma, scusatemi, forse non è il modo più appropriato per inaugurare il mio esordio all’interno di questo progetto ma, d’altronde, state leggendo “parolAperta”. ParolAperta è azione, movimento, cambiamento, libera espressione nei limiti del rispetto del prossimo, ma pur sempre libera espressione. ParolAperta è l’alternativa, è quell’opportunità di poter riattaccare la corrente al cervello, quella stessa corrente staccata prima per colpa della massificazione del ventunesimo secolo. Quindi sì, posso dirlo: mi sono rotto il cazzo.

Francesismi a parte, sarebbe opportuno spiegarne il motivo. Non voglio scrivere un articolotto da strapazzo, non voglio palesarmi come giornalista cult del lunedì, anche perché non lo sono; voglio quindi scrivere cercando di rendervi il più partecipi possibile. Come? Raccontando la storia dell’ordinaria antimafia a tempo determinato, l’unica cosa certa che riusciamo a rinvenire nel panorama contemporaneo, specie quello italiano. Mi sveglio, come ogni mattina strofino gli occhi, rifletto sul perché mi sia alzato, bevo, mi lavo e inizia la giornata. Non voglio però parlare della mia routine. Non interessa a nessuno. Interessa – o quantomeno può interessare – quello che faccio dopo: apro Instagram, piazza fittizia di discussione, foto estive, post sui segni zodiacali e gente che fotografa il cibo. La vena alternativa – si fa per dire – arriva dopo, quando visualizzo la prima storia della giornata con il viso del dott. Paolo Borsellino; sono certo non abbia bisogno di presentazioni. “È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”, vi è scritto accanto. Già stizzito, passo avanti. “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”, altra frase trovata su frasicelebri.it, altra foto scaricata ed eliminata dopo il post, altro giro. “La paura è umana, ma combattetela con il coraggio”, spunta ancora, stavolta nella grafica di un politico siciliano che da tempo ho iniziato a seguire. Bene, ho smesso di farlo stamattina. Così ho deciso di agire con gran parte delle persone alle quali ho visualizzato contenuti “in memoria di”, “nel ricordo di”. Perché? La motivazione risiede nella prima frase ad apertura di questo scritto, che non ripeto per convenzione sociale.

Tutto ciò, precisiamo, non perché io sia un pregiudicato, anzi, sono nell’altro marciapiede sociale, quello che hanno costruito con sangue, sudore e speranza i vari Pio La Torre, Peppino Impastato, Rocco Chinnici, Boris Giuliano, Giovanni Falcone e lo stesso Paolo Borsellino. Sono infastidito, alterato, incazzato, non per i pensieri enunciati da una delle ultime colonne del pool antimafia a Palermo, crollata nella complicità governativa del tempo, ma per come questi siano – oggi più che mai – mercificati, stuprati e violati nella loro sacralità; sì, perché quei pensieri, quelle frasi, li definisco sacri. E molti di voi li stanno profanando con il virus del conformismo “ad excludendum”, ad esclusione di quella che ne è la cura: la riflessione. Che nel 2021 si parli di società automatizzata non è una novità, riusciamo a produrre cellulari come fossero caramelle. Non si riesce, però, a fermarsi un minuto, a guardare con attenzione ciò che si è, che si fa, ciò che ci circonda; probabilmente,  arrivati a metà di questo sfogo, avrete già chiuso la pagina.

Se, invece, siete arrivati fin qui, vuol dire che forse un po’ di interesse ancora è coltivabile e vi dico: distinguetevi. Riflettete e distinguetevi. Non condividete per inerzia post antimafia, se di “mafia” avete presente solo Il Padrino di Francis Coppola. Non ricordate Paolo Borsellino a 29 anni dopo la sua scomparsa, se di lui ne avete sentito parlare esclusivamente a scuola, tra uno sbuffare e l’altro sul banco. Non professate di “fare la cosa giusta” se poi, nella vita privata, ricorrete alla viltà, alla “spintarella di”, all’estorsione, alla minaccia. E voi, politici e politicanti contemporanei, smettetela una volta per tutte di voler rappresentare valori che non avete mai conosciuto o, comunque sia, continuato a professare nel vostro mandato elettivo. A questo punto, la frase iniziale che forse ha fatto infastidire qualcuno per volgarità, dovrebbe essere estesa al plurale. Perché serve, ora più di prima, una coscienza di massa nuova, libera, cosciente e sensibile. Serve unione, forza, perseveranza, coerenza. Serve, di nuovo, quella fiamma di rivolta ormai assopita nel “Mare del Ricordo”, quella capacità di dire “no, io non voglio essere così”. Abbiamo bisogno che il potere delle ndrine venga messo in discussione, che agli uomini che tuttora lottano la criminalità vengano custoditi dallo Stato, non affossati da quest’ultimo. Abbiamo bisogno di una scossa sociale, non di citazioni che durano ventiquattro ore.

Che senso ha ricordare un passato valoroso se non lo si accompagna da costanza nel presente?

Una risposta

  1. Bisogna mostrare più coerenza nelle scelte della vita quotidiana, solo così dimostriamo di stare dalla parte giusta!
    Bravo Aldo!

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