IL DENARO

Senza gli altri non saremmo nulla. Tutto il benessere che possediamo possiamo averlo solo perché viviamo in una società che collabora e in cui ognuno fa il suo, nel migliore dei casi ciò che ama e che riesce a fare meglio. Senza il denaro questo non potrebbe accadere. Inizialmente non esisteva lo scambio, ogni essere umano viveva per fatti suoi. La nostra evoluzione ha iniziato ad avere una spinta inarrestabile quando abbiamo iniziato a scambiarci tutto l’un l’altro, prima di tutto i concetti e le idee attraverso la creazione del linguaggio, e poi degli oggetti materiali attraverso la moneta.
Eppure la sua nascita ha portato a numerosi fraintendimenti. Il denaro è attualmente uno dei più grandi tabù, subito dopo il sesso e la morte.
Un giorno ero davanti al fuoco del camino. Per un motivo che ora non ricordo bene mi ritrovavo 50 euro nella tasca dei pantaloni. Distrattamente li cacciai e iniziai ad analizzarli un po’ per gioco, come si fa quando si vuole ammazzare il tempo in un modo come in un altro. È interessante quando ci si ferma a guardarli, di solito si scambiano così velocemente che non ci si ferma mai a studiarli. A un certo punto ho iniziato a fare un ragionamento che può sembrare molto banale… Ho immaginato di buttarli nel fuoco e di vederli bruciare. Cosa avrei provato, e come avrebbero reagito i miei genitori? Sicuramente non bene. Poi ho immaginato cosa avrebbe provato una persona che di soldi ne ha talmente tanti che non sa che cosa farne. All’inizio ho pensato che l’evento non lo avrebbe scalfito minimamente, ma poi riflettendo più a fondo sono arrivato alla conclusione che molto probabilmente si sarebbe sentito molto peggio di come avrei potuto stare io se ciò fosse accaduto. Ma il fulcro centrale della domanda è: qual è il reale valore del denaro? E quanti hanno ben salda la consapevolezza che al di là del valore simbolico che alla banconota è stato assegnato, essa sia solo carta, in sé priva di valore reale?
Wilde ha scritto: “al giorno d’oggi tutti conoscono il prezzo di tutto, ma il valore di niente”.
Ragionando ho capito una verità fondamentale:
Non è la quantità di soldi che abbiamo a fare la differenza, ma il legame che abbiamo con questi.
Andando avanti nel groviglio di pensieri mi sono fermato su un altro concetto e mi sono reso conto di una realtà molto divertente: quanto più qualcosa è effimero e insignificante, maggiore è il suo costo, quanto più qualcosa è di valore e prioritario, tanto più il suo prezzo è minore. Tutto ciò che è essenziale ha un prezzo misero, per esempio il cibo e l’acqua, fino ad arrivare alle cose talmente di valore che ci sono state donate, come il nostro corpo, la vista, l’udito, la nostra intelligenza, la serenità e l’amore.
Credo sia questo il motivo della confusione della società moderna: viviamo in una società consumistica felice della nostra tristezza, perché chi è triste compra di più. Con questo non sostengo che non esistano ricchi felici o poveri tristi, ma soltanto ribadire che ciò che veramente fa la differenza non è la quantità di soldi che si posseggono ma il proprio legame con essi e la consapevolezza di ciò che sono: uno strumento e non un fine.

Un vecchio proverbio ebraico recitava: “chi non ha soldi non ha niente, ma chi ha i soldi non ha tutto”.
Sta a noi la decisione di esserne schiavi o averne cura come proprio strumento di libertà.
Tuttavia è così facile spegnere i desideri di chi non possiede il denaro per soddisfarli. Chi si ritrova con pochi soldi si sente in ginocchio e prova una sensazione di sconfitta, paura e impotenza. Chi si ritrova tanto denaro potrebbe essere in una condizione di alterigia e superbia. Entrambe generano rabbia e di conseguenza violenza. La temperanza non va ricercata nella quantità del patrimonio, piuttosto nell’impostazione mentale con la quale ci interfacciamo con il potere. Non è il sistema ad essere sbagliato, piuttosto le persone che ne fanno parte ad essere veramente poco consapevoli. La maggioranza vive in uno stato di reazione per il quale le emozioni dipendono dalla quantità del loro denaro. La realtà è che la quantità di denaro che possediamo è il riflesso delle nostre emozioni e della nostra consapevolezza. I soldi non sono di nessuno, semplicemente si muovono: un giorno sono nelle mie tasche e un altro in quelle di qualcun altro. Quanto più è alta la capacità di qualcuno di soddisfare bisogni o desideri di qualcun altro e tanto più denaro passerà dalle sue tasche.

Come sempre la verità sta nel mezzo. I soldi non fanno la felicità, ma questo non vuol dire che bisogna per forza averne pochi. Nessuna somma di denaro può comprare la serenità, ma quest’ultima ha bisogno di denaro per non essere annientata.

Chissà come sarebbe diverso il mondo se tutti lavorassero non perché servono soldi per sopravvivere, ma con l’idea e il desiderio di dare il proprio contributo alla società. Immagino sarebbe un mondo un pò più bello

Una risposta

  1. Se possiamo lasciare il nostro contributo anche noi…
    Siamo tutti e due persone appartenenti al cosiddetto “ceto medio”; vale a dire, non abbiamo i soldi che traboccano dalle tasche, ma neanche siamo senza.
    E anche se siamo due amici con gli stessi obiettivi, spesso e volentieri per le attività che svolgiamo insieme, ci troviamo spesso a discutere -anche in modo acceso- sui soldi perché anche pensandola su molti argomenti in modo uguale, a seconda della nostra esperienza di vita abbiamo necessità diverse.
    Basta guardare la tecnologia: a uno di noi basta un telefono da 100 euro con le funzioni di base, all’altra persona invece necessita un top di gamma che di euro ne costa più di mille, non per fare la figura del super potere coi soldi ma perché c’è una disabilità importante di mezzo, e quel telefono che costa mille euro ha delle funzioni che rispondono di più a certe esigenze, a cui invece la macchina da cento euro non risponde e anzi, in qualche modo, ostacola pure.
    Dopo in giro troviamo quello che, lo stesso telefono, lo acquista a rate magari pure indebitandosi, e poi ci fa giocare i bambini a bordo piscina. Uno di noi, una decina di anni fa, ha seguito un progetto di volontariato per insegnare l’informatica a un istituto di ragazzi con disabilità visiva in Mozambico; no, nessuno di noi è andato lì di persona. Sono solo state date le dritte a chi poi si è recato sul posto. Dritte informatiche e sulla strumentazione da comprare. Ecco. Era l’anno in cui sul mercato uscì l’iPhone 4. E viste le esigenze di quei ragazzi si sperava di riuscire in qualche modo a fargliene avere almeno uno… Non certo per giocarci!
    E quell’estate c’era una signora a bordo piscina che giocava col suo bambino con l’iPhone 4 a pochi centimetri dall’acqua – e no, non era ancora certificato waterproof all’epoca.
    La persona tra noi due che seguiva questo progetto ha avuto una rabbia addosso… Sarebbe stato da spingere quella signora in acqua e perquisirle il telefono!
    Vero che i soldi -e quello che ci si compra- hanno un valore differente a seconda di chi li usa. Però comunque dovremmo, almeno un pochino, imparare a essere più lungimiranti. A guardarsi intorno. E capire che dare per scontato qualcosa solo perché lo si possiede, non è saggio per nessuno.
    Ed ecco, ne stavamo discutendo tra noi due proprio ieri sera condividendo le nostre sensazioni su quanto accaduto in Turchia: dovessimo noi trovarci in una situazione del genere, tutto quello che abbiamo -tecnologia compresa- acquisterebbe un valore zero. Perché là, vale di più anche un singolo respiro.

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