20 Settembre 1870, l’esercito piemontese (50mila soldati in tutto) fa irruzione in Roma, attraverso la breccia aperta nelle Mura Aureliane accanto alla michelangiolesca Porta Pia. Gli appena quindicimila uomini del papa-re non possono nulla contro la forza sabauda. Ma la tradizione millenaria del papa come vicario di Cristo sulla Terra, massima autorità civile e religiosa non si è spenta.
Molto più caciarone, scompigliato e farsesco dell’impresa dei Carignano-Savoia, è il dibattito di cui oggi siamo spettatori e (ahimè) anche attori. Strillano da destra: “L’islam non è solo una religione, l’islam è ideologia politica”. Strepitano da sinistra: “La Chiesa cattolica mette il becco nelle questioni dello Stato, i preti dovrebbero solo fare i preti”. La corsa al laicismo, feticcio assoluto è il nuovo trend, perché, diciamoci la verità, la dimensione spirituale fa sempre male agli affari. Sia mai i cristiani ricominciassero a pensare all’anima oltre che al corpo!…Collasserebbe metà dell’economia mondiale, finiremmo per accorgerci di non avere bisogno di più della metà dei nostri acquisti e che fotografare ciò che mangiamo non ci farà gustare meglio la pietanza.
Nel fantastico universo liberale e rigorosamente privo di valori nel quale sguazziamo beatamente, la fede non può che essere questione privata, non diversamente dal film o dalla squadra preferiti.
Certamente una religione può vivere nascosta, in una dimensione intima lontana dalla cosa pubblica, ma in questo caso parliamo di una setta. Qualsiasi religione rivelata si fa foriera di verità universali e per fare questo non può che farsi “politica”, partecipe della vita pubblica attrice della traiettoria seguita dalla collettività.
Una religione rivelata, portatrice di verità universale, se riesce a farsi strada, affermandosi in un contesto storico-geografico si fa civiltà. Non può che essere così la Chiesa di Roma che per secoli ha visto nel papato un centro di potere politico e religioso universale dopo la trasformazione dell’Impero Romano d’Occidente nei regni romano barbarici e poi negli Stati nazionali europei.
Chi si è lasciato coinvolgere nella polemica sulle recenti cosiddette ingerenze vaticane sta negando la storia: Lo scopo della Chiesa di Roma è quello. Il cattolicesimo non è politicizzabile, ma la Fede ha anche e necessariamente una dimensione pubblica, temporale. Religione e politica vanno sempre a braccetto, e l’idea che il Vaticano si autoriduca a una semplice onlus nega l’essenza stessa della Chiesa, depositaria dell’ultimo impero con ambizioni universali sulla Terra.
A voler azzardare delle coordinate temporali è dal 536, con il pontificato di Silverio, che la Chiesa romana si eleva a potere politico. Nel caso di Silverio l’occasione giunse nel contesto drammatico della guerra greco-gotica quando il popolo dell’Urbe, travolto dalla violenza del conflitto, necessitò di una guida politica in grado di proteggerlo.
Silverio fu il primo di una lunga serie di vescovi che si caricarono dello scettro del comando, almeno fino al XVII secolo finché il Mediterraneo è stato il centro del mondo, il papato si è mosso come superpotenza tra gli stati europei, scontrandosi con gli Imperatori tedeschi, i monarchi francesi, l’islam d’oltre mare e in fine con i protestanti. I papi tenevano insieme l’intricato mosaico dell’Europa medievale con l’universalismo della Chiesa cattolica, depositaria di quell’afflato ecumenico che fu dei cesari.
L’intensificarsi degli scambi con le Indie Occidentali sottrassero centralità al mondo mediterraneo, ridimensionando la centralità di cui l’Italia godeva dai tempi della distruzione di Cartagine nel 146 a.C.
Per quanto il nuovo mondo e le fedi riformate avessero strappato al papato gran parte della sua influenza, la Chiesa non poteva certo perdere il suo potere ideale, stratificatosi nel corso dei secoli. Il Vescovo di Roma si è sempre posto in continuità con gli imperatori romani perché guida spirituale e per lungo tempo politica della città più importante del mondo, simbolo universale del potere e della magnificazione di questo.