Neve

Prima di Superclassico, di Ferma A Guardare, di Bella, di 68.

Di Scegliere Bene, di Paranoia Mia, di Come Uccidere Un Usignolo.

Matteo Professione, ai più Ernia, prima di tutti i suoi più grandi successi, regalava alla curiosità di chi si interessava alla sua nuova vita musicale – successiva al fallimento della Troupe D’Elite – “Neve”.

Neve è uno dei pezzi più forti della storia recente del rap italiano.

Sembra rappata tutta d’un fiato, è un flusso di coscienza continuo che entra a gamba tesa e sfonda il petto di chi l’ascolta.

Ernia ripercorre le tappe della rivincita che era riuscito a prendersi sulla vita, oltre che sulla musica.

Racconta del lavoro da cameriere a Londra, dell’approccio che aveva caratterizzato quel periodo della sua vita.

Il rapper effettivamente non aveva bisogno di “sporcarsi le mani”, ma era convinto che un’esperienza di un certo tipo gli avrebbe potuto offrirgli nuove prospettive

E in famiglia io sto bene, potevo non far lo schiavo,

Ma me ne sbatto degli utili,

Dai cinque stelle a dormire in stazione insieme agli umili,

Stesi nei posti umidi,

Coi soldi dei miei avrei potuto comprar degli abiti,

Ma non impari dalla pioggia se non ti ci infradici.”

È proprio attorno a questo “Non impari dalla pioggia se non ti ci infradici” che gira la riflessione del rapper di QT8.

La sua rivalsa doveva partire da un confronto netto, a viso aperto, con le difficoltà.

Difficoltà che Ernia non voleva aspettare, dalle quali non voleva farsi travolgere.

Queste difficoltà le cercava in ogni dove, le affrontava fino a sbranarle.

Se la rivalsa era il motivo scatenante di questo viaggio alla riscoperta di sé stesso, il miglior compagno che il rapper potesse scegliere non era altro che sé stesso – “Ho camminato l’Europa mille miglia // Lontano dagli amici, lontano dalla mia famiglia”.

Subito dopo parte lo sfogo nei confronti del suo ex compagno nella Troupe D’Elite, ma soprattutto amico, Ghali.

Il mio amico non ha speso dieci cents per chiamarmi,
Amico sai ci penso a quando eravamo insieme,
Due bambini per la strada, uno di sabbia uno di neve,
Le batoste ci hanno dato due lezioni ben diverse,
Uno ha imparato ciò che è giusto, e l’altro ciò che conviene,
Non è un male essere diversi,
Infondo ci siamo differenziati pure nei versi,
Prima di esserci persi,
Ricordo quanta merda che ci siamo presi a gratis,
Il male ti ha fatto forte, a me m’ha fatto a pezzi

Tralasciando tutte le futili interpretazioni che in termini di “dissing” possono confarsi a queste barre, vorrei soffermarmi su due concetti.

In primis, ma che penna ha Ernia? Nessun incastro strabiliante, nessun gioco di parole particolare, ma tutto scritto estremamente bene.

Il “bambino di sabbia” e il “bambino di neve” insieme per la strada è l’immagine perfetta per descrivere quanto un rapporto possa essere forte a prescindere da tutte le differenze etnico-sociale del caso.

Il resto della strofa continua con una sorta di effetto specchio, dove vengono marcate tutte le differenze dei due.

Si badi, però, a non confondere le intenzioni dell’artista: il confronto e le differenze non hanno l’intenzione di far intendere l’incompatibilità del rapporto, quanto la forza che lo stesso ha avuto nel saper attraversare le diversità caratteriali, essendo maturato soprattutto grazie a queste ultime – “Non è un male essere diversi”.

Il secondo concetto su cui volevo soffermarmi era l’intelligenza con cui Ernia si approccia alla deriva del suo rapporto con Ghali.

L’orgoglio scaturito da un torto subito è sempre più forte quando lo si contestualizza all’interno di un rapporti di amicizia, rispetto ad un rapporto sentimentale.

Vuoi perché gli amici sono “a lunga conservazione” mentre l’amore è quasi sempre “usa e getta”, vuoi perché viene più facile mandare affanculo un amico che un partner.

Nella prima parte della strofa l’orgoglio, come la rabbia, è estremamente tangibile.

Ernia recrimina la mancanza di una chiamata in un momento difficile della sua vita da parte dell’amico di sempre, e la rabbia si fa ancora più forte nel ricordo della loro infanzia.

Poi è come se il rapper milanese voglia rientrare sui binari, affrontando l’argomento con una lucidità disarmante.

Fa calco sulle diversità, ma con l’intenzione di assolverle, piuttosto che condannarle.

Si racconta di come la vita abbia dato ad entrambi le medesime “batoste” dalle quali hanno tratto “lezioni ben diverse”.

Ernia ritiene di aver imparato “ciò che è giusto”, di aver trovato la sua strada senza essere dovuto scendere a compromessi con sé stesso, e allo stesso modo riflette su quanto Ghali abbia avuto una risposta diametralmente opposta, avendo imparato “ciò che conviene”.

La lucida presa di coscienza però è un crescendo, Ernia riesce a riconoscere le cause del distacco con l’amico, non riconducendole al momento in cui si sono persi, bensì scavando nelle profondità della deriva a cui il loro rapporto stava tendendo – “infondo ci siamo differenziati nei versi anche prima di esserci persi

Non è mai facile assumersi le proprie responsabilità, soprattutto quando di mezzo c’è un’altra persona, e allo stesso modo è difficile ammettere e riconoscere un problema strutturale in un rapporto, siccome spesso si preferisce individuare un evento su cui scaricare tutte le colpe del caso.

Ernia continua ricordando la “merda […] presa a gratis”, riferendosi a tutte le critiche rivolte alla Troupe D’Elite, e del diverso effetto che aveva prodotto sui due rapper:

il male aveva irrobustito Ghali  –“il male ti ha fatto forte”- e distrutto sé stesso –“a me m’ha fatto a pezzi”.

Il talento di Ernia in questa strofa sta nel raccontare il dolore per la piega che ha preso il rapporto con l’amico senza far piega sul marcio, bensì accettandone le differenze e riconoscendone il valore nonostante gli ostacoli che un vissuto comune aveva posto davanti al loro cammino.

La terza strofa è fortemente evocativa.

Poi ho amato cento volte
In giro sai, ho amato cento donne
Certo, se contiamo anche le cotte
Ne ho amata una per anni e altre solo per un attimo
Ma dimmi infondo che differenza ci sta nel battito

Questa riflessione sulla differenza nel battito mi ha sempre incuriosito.

Ho sempre letto in questo amare cento volte e cento donne una verità che mi è spesso appartenuta: spesso, se non la maggior parte delle volte, si ama l’amore.

Il paragonare la frequenza di un amore provato per anni nei confronti di qualcuno – in questo caso Marta, ex fidanzata di Ernia e protagonista del video della canzone-, con la stessa di un amore da una vita decisamente più breve, anche istantaneo, mi sembra quanto di più rispettoso che chiunque possa fare nei confronti della vita stessa.

È un atto quasi rivoluzionario, riconoscere la bellezza di un qualcosa che non sia necessariamente grande, che non sia necessariamente solido, stabile.

Innamorarsi di un istante credo sia un privilegio destinato a quei pochi che hanno il coraggio di danzare con la vita, non preoccupandosi del fatto che ci si possa pestare i piedi l’uno con l’altro.

La strofa continua con due riferimenti a quello che emerge essere il dogma di Ernia, ossia il dover attraversare il dolore per raggiungere la grandezza – “Soltanto chi è leggenda zio può uscire dal letame, non si va in Paradiso se non si passa dall’Ade”.

La quarta strofa alza notevolmente la caratura contenutistica del brano, raccontando degli esempi che ha avuto nella vita.

Parla del padre, di quanto fosse un uomo determinato e ottimista – “Lui dice che cambiare è come nascere di nuovo” -, di quando perse il lavoro e lo ritrovò subito.

Racconta di un rapporto complicato, nella strofa si coglie sicuramente un forte rispetto nei confronti del genitore, ma anche una forte diversità caratteriale che ha inevitabilmente minato il rapporto tra i due – “Tra di noi restiamo freddi”.

Continua la caratterizzazione di un uomo forte, fino alla stregua di sé stesso.

Stregua descritta il giorno della morte del nonno di Ernia, dove il padre non versò nemmeno una lacrima.

Ernia si interroga sul suo lato empatico, sicuramente non riconducibile al padre.

Trova risposta nel lato materno della sua famiglia, ritrovando il suo lato empatico nella madre, che a sua volta l’aveva ereditato dal nonno.

Il nonno a tredici anni scappava da Rovigno, quando fu ceduta alla Jugoslavia nel trattato di Parigi, per forza di cose ha dovuto far fronte a diverse difficoltà più di molti altri, il che ha sicuramente stimolato il suo lato empatico.

Riporta anche due sue citazioni, “Mangerai le more solo se cerchi nei rovi” ricalcando lo stesso tema affrontato dalle ultime barre della terza strofa, e soprattutto “Lui dice che siamo esattamente come neve, ti accorgi che siamo passati solo quando sei già un metro sotto”, riflettendo sull’ipocrisia che aleggia nei confronti dei singoli individui, che probabilmente verranno ricoperti di elogi o banalmente additati come brave persone, solo quando saranno un metro sottoterra.

“Neve” è sicuramente un pezzo pieno.

Pieno di contenuto, di argomento, di tecnica.

Soprattutto rappresenta la presa di posizione che un talento come quello di Ernia non poteva che esigere all’interno del rap game italiano.

Poi ben venga l’indie, il pop, il pezzo d’amore o il pezzo conscious, il rapper milanese sa grossomodo far bene tutto.

Ma se le basi sono pezzi come “Neve” non ci si può – e non ci si dovrà – stupire di un successo solido e duraturo.

D’altra parte, lo stesso artista, inizia “Scegliere Bene” dicendo

Da adolescente l’ho predetto 
Al mio riguardo infatti nessuno ha mai detto 
“Ernia ce l’ha fatta, chi cazzo l’avrebbe detto”

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