Sul voto

È una radiosa giornata di Maggio. Siete adagiati sul vostro banco e con gli occhi un po’ socchiusi guardate fuori dalla finestra. Notate la fresca vegetazione della primavera e non vedete l’ora che suoni la campanella dell’ultima ora per poter gustare di quei piaceri in libertà. Il professore si accorge però della vostra distrazione, vi chiede di riassumere ciò che ha appena spiegato e voi, inevitabilmente, non ne siete in grado. Vi giudica con un imponente 4 e in quel magnifico pomeriggio siete costretti a passare le ore migliori della giornata a pagare la vostra colpa.

Molti di noi hanno, almeno una volta, associato il voto ad un evento negativo o ad una privazione d’ogni tipo. Allontanandoci da queste “disgrazie” ciò che invece tutti condividiamo è una generale insofferenza verso un numero dall’aspetto così insignificante. 

E se il voto smettesse di esistere? Quanti hanno pensato a un giorno di scuola senza avvertire il peso della valutazione che, in molti casi, può risultare persino ingiusta perché influenzata da così tanti aspetti ma poi ridotta a uno solo, il voto.

Il rapporto tra studente e voto è conflittuale. I due termini risultano in contrasto sotto ogni punto di vista: lo studente è in sé molte cose ed il voto lo paralizza in una sola, il primo è in continuo divenire ed il secondo è immutabile e così potremmo continuare.

Notiamo quindi che studente e voto hanno evidenti contraddizioni sul piano logico perciò viene subito da chiedersi, come mai il voto esiste nonostante tutto? Ripercorriamo brevemente la sua storia per cercare una spiegazione.

Il nostro Paese è giunto all’Unità nazionale nel 1861 ed è quindi in questo periodo che possiamo iniziare a parlare di istruzione da un punto di vista nazionale. In un primo momento nacque il nucleo dell’istruzione obbligatoria ed in seguito le istituzioni scolastiche secondarie. L’indirizzo privilegiato era l’immortale classico mentre quello tecnico (o professionale) era legato al mondo del lavoro. 

La scuola dell’obbligo e l’istituzione secondaria differivano, oltre che nei contenuti, nel sistema educativo. La prima esigeva infatti un sistema non eccessivamente rigoroso, ed è facile intuirne il motivo, e nella seconda fu adottata sin da subito la scala di interi da 1 a 10.

Si iniziò a riflettere seriamente sull’importanza della valutazione quando ci si accorse che la scuola doveva rispondere a esigenze di istruzione sempre più alte a seguito dello sviluppo del Paese. 

Dopo questa breve illuminazione ci fu l’avvento del fascismo. Il Ministero dell’Istruzione divenne il Ministero dell’Educazione Nazionale e già dal nome possiamo intuire che nutriva ben altre ambizioni rispetto a quelle di limitarsi alla sola istruzione della gioventù.  

In questo contesto il voto rispondeva egregiamente al modello impositivo e conformistico che il fascismo adottò in tutti gli aspetti della società e dalla scuola elementare, sino ai successivi gradi di istruzione, non si abbandonò per alcun motivo la valutazione decimale.

Dal ‘62 al ‘77 nella scuola media si valutava ancora con i voti. Assistiamo a una maturazione sul tema della valutazione solo in seguito alla lezione di Don Milani, quella del Sessantotto, dell’avvio della ricerca curricolare e di quella docimologica (un ramo della pedagogia che studia i criteri scientifici di valutazione in esami e concorsi).

Come conseguenza, con la legge 517/77 furono aboliti finalmente i voti e fu introdotta la pratica del giudizio che, a differenza della valutazione decimale, puntava sugli obiettivi e non sui contenuti.

Ciò richiedeva un particolare impegno sia per la stesura dei giudizi che per la loro lettura. Venne infatti adottata in seguito una nuova scheda che semplificava le valutazioni ma, allo stesso tempo, le impoveriva. Vennero eliminati i giudizi e sostituiti con dei semplici aggettivi, più immediati alla lettura, ma scarsamente informativi.

Si ritornerà nuovamente alla valutazione decimale solo a seguito delle decisioni dei ministri Tremonti e Gelmini. Tale ritorno è giustificato dalla evidente semplicità e trasparenza del “numero” ma, di fatto, è un passo indietro, un ritorno alla selezione a discapito della promozione degli studenti. 

Dopo aver accennato brevemente alla storia del voto possiamo finalmente rispondere alla nostra iniziale domanda.

La scelta conclusiva di inserire il voto nuovamente negli standard valutativi è stata semplicemente dettata dalla comodità, nulla di più.

Tutti i problemi legati al rapporto tra studente e voto quindi permangono e oggi sono forse ancor più acuiti poiché la scuola è costretta ad andare al passo con l’avanzamento incessante della società. Questa frenesia si ripercuote chiaramente sulla scuola e, come conseguenza, crea alcuni disagi psicologici negli studenti. Elenchiamone alcuni:

  • l’ansia da separazione;
  • l’ansia generalizzata;
  • la fobia sociale;
  • la fobia specifica;
  • gli attacchi di panico;
  • il disturbo post traumatico da stress;
  • la depressione;
  • il disturbo della condotta;
  • il disturbo oppositivo-provocatorio;
  • il disturbo da deficit di attenzione-iperattività;
  • i disturbi specifici dell’apprendimento

Non crea quindi stupore la proposta di legge presentata il 17 Settembre 2021 alla Camera dall’Onorevole Emilio Carelli, deputato di Coraggio Italia. Essa consiste infatti nell’inserire in ogni istituto scolastico uno psicologo per garantire un supporto a tutti gli studenti anche a seguito delle situazioni di disagio createsi a causa della pandemia.

Dalla nostra analisi traspare chiaramente che la causa di questi problemi è, soprattutto, il rapporto che si instaura con il voto. Ho immaginato per anni uno scenario utopistico nel quale ogni studente frequenti la scuola per il solo piacere di imparare e dar sfogo alle proprie inclinazioni, senza alcuna pressione esterna. In questo modo anche chi non si sente “adeguato” allo studio può avere la propria possibilità nella vita e non è penalizzato per la sua natura.

Ma in una società nella quale tutto è ormai ridotto alla quantificazione i miei pensieri non possono far altro che rimanere vani sogni da adolescente. 

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