Mi piace quando son seduto al mare e fa capolino la solitudine, quella bastarda, che ho tanto inseguito.
Le mie braccia che si avvolgono alle ginocchia, la testa persa verso indefiniti orizzonti, gli occhi semichiusi, e la tua immagine distante.
Mi piace quando son seduto al mare e fa capolino la tua testa, quella bellezza, che ho tanto inseguito.
Le mie braccia che si avvolgono al tuo corpo seminudo, la testa persa nelle cose che vorrei dirti, gli occhi semichiusi, e la tua immagine così densa.
Ti ho tenuta stretta, avessi il timore mi scivolassi via, ma tu non scappi. Mi porgi le tue labbra, piene di salsedine ogni estate, ricolme d’amore ogni inverno.
Io che guardo spogliarti, così vestita di niente, così svestita di tutto e quelle tue gambe affusolate, il tuo ventre come pianura, i tuoi seni scoperti come colline.
Il tuo nome che mi riporta nei vigneti.
Poi ti fai spazio, con me accanto, sotto lenzuola graffianti, sotto lenzuola prima ansimanti; cerchi
le mie braccia, ti stringi tra le mie mani, ti rubi porzioni di piumone, perché così scoperta non ci sai stare.
Sembra quasi tu possa morire.
I tuoi nervi scoperti, che ho timore a sfiorare.
Mi chiedi di parlarti, e io penso sempre di non avere niente da dirti, ma con te le parole trovano la loro dimensione, e in questo flusso io ho solo voglia di raccontarmi.
Non sento nient’altro con te, se non l’ubriachezza.
Voglio fare un altro giro in questi vigneti.